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LA BATTAGLIA DI OSTIA, I Saraceni attaccano Roma

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BasileusI
view post Posted on 10/9/2007, 15:27




I SARACENI ATTACCANO ROMA

Premessa
Da un interessante resoconto storico di Corrado Ramaglia, traggo lo spunto per raccontarvi un episodio che coinvolse il Ducato di Napoli, all’epoca sotto dominio bizantino.
Premetto che il termine “bizantino”, ancorché ampiamente utilizzato sui libri di storia, è in realtà improprio e fu coniato dagli studiosi solo per distinguere l’età antica da quella medievale, durante la quale sopravvisse l’Impero romano d’Oriente, i cui sovrani rivendicarono sempre la legittimità della loro pretesa a ritenersi eredi universali di Roma. Pertanto, non citerò mai il termine “bizantino”, ma solo ed esclusivamente quello di “romano d’Oriente”.

Cosa avveniva in Italia intorno all’anno 800 dopo Cristo
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, l’Italia venne riconquistata e annessa dall’Impero romano d’Oriente, che cacciò i Goti dopo 20 anni di sanguinosa guerra. Ma pochi anni dopo la sua conclusione, i Longobardi scesero nella penisola e, fiaccamente contrastati dai romani d’Oriente, condivisero con essi il loro dominio.
Successivamente, in Europa si affermò Carlo Magno, il quale, unite sotto un unico dominio la Francia e la Germania, diede vita al Sacro Romano Impero. Il Papa lo incoronò imperatore nell'anno 800, garantendosi così la protezione militare che gli mancava. Carlo Magno attaccò i Longobardi dell'Italia settentrionale, ponendo fine alla loro dominazione. Sotto l'influenza dei Franchi, sorse il Regno d'Italia, che si estese anche sui domini della Chiesa di Roma. Sotto l'influenza franca era anche il ducato di Spoleto, mentre Venezia, sottrattasi all'influenza bizantina, era riuscita a rendersi libera e indipendente.
Contemporaneamente, a partire dall’827 in Sicilia sbarcarono gli Arabi assieme ai Berberi. L'isola resterà islamica per due secoli e i musulmani rimarranno fino all'età di Federico II di Svevia.
Nel resto del sud Italia invece il Ducato longobardo di Benevento, che originariamente si estendeva su vasta parte dell'Italia meridionale, continuava a esistere e prosperare, anche se da esso si erano poi scisse Salerno e Capua che avevano formato autonome entità. Continuavano a esistere anche gli stati sotto il controllo dell’Impero romano d’Oriente: Napoli, in quel periodo, costituiva appunto un ducato sotto l'influenza di Costantinopoli. Anche Gaeta costituiva uno stato autonomo, mentre Amalfi era una delle repubbliche marinare che con Pisa, Genova e Venezia, si dedicava a proficui commerci marittimi.

“La vita degli italiani, soprattutto di quelli che vivevano lungo le coste, specie del mezzogiorno, era resa in quel periodo assai difficile a causa delle continue incursioni piratesche che si succedevano ad opera dei Saraceni. Questi – spiega Corrado Ramaglia in un suo articolo comparso su Storia in network - erano pirati avidi e fanatici facenti parte di tribù arabe nomadi e ribelli che vivevano per lo più di furto e di rapina e che avevano abbracciato la religione dell'Islam trovando in questa e nei principi che affermavano la lotta agli infedeli una sollecitazione al loro istinto di predoni. L'Islam, infatti, diffusasi nelle varie regioni arabe aveva proclamato, fin dal suo sorgere nel V secolo, la "guerra santa" agli infedeli, e tale lotta era addirittura prescritta in vari passi del Corano. Tuttavia bisogna precisare che questi pirati costituivano il rifiuto della nazione araba e non avevano nulla a che fare con la raffinata civiltà orientale dei leggendari califfi. Erano predoni che, per mestiere, devastarono per secoli le coste e le terre italiane, distruggendo vandalicamente centri abitati e campagne, portando via ogni ricchezza e, soprattutto, catturando uomini, donne e bambini per farne schiavi da vendere nei mercati dell'Africa e dell'Oriente. Queste incursioni non erano delle invasioni che miravano alla conquista di territori, ma scorrerie che si concludevano con il reimbarco degli assalitori, che si allontanavano poi insieme al bottino e alle prede conquistate. Gli Arabi però avevano anche operato delle vere e proprie conquiste nei territori cristiani. Si erano, infatti, insediati in varie zone della Spagna e della Sicilia , avevano inoltre creato delle teste di ponte in più punti della costa italiana, e da questi punti d'appoggio partivano con più facilità le innumerevoli scorrerie che, una appresso all'altra, tormentavano e gettavano nel terrore le sfortunate popolazioni dell'Italia”.

Una serie di sfolgoranti successi e il dominio pressoché incontrastato dei mari italiani, indussero i Saraceni a tentare il grande balzo per impadronirsi della capitale della Cristianità, Roma.

La Lega campana sconfigge i Saraceni
Una prima grandiosa spedizione venne organizzata allo scopo. Dopo aver riunito una poderosa flotta, nell’estate dell’846 i Saraceni salparono da Palermo e, prima di impossessarsi dell’isola di Ponza allo scopo di farne una base operativa da cui irradiarsi lungo tutto il Tirreno, sbarcarono alcuni contingenti a sud di Salerno, presso capo Licosa. Ma i Napoletani, nonostante precedenti alleanze con i Saraceni, non intesero assistere impassibili a questo potenziale accerchiamento e, creata una lega navale con Gaeta, Sorrento e Amalfi mossero verso Ponza e costrinsero i musulmani a sgombrare l'isola pontina; subito dopo, riuscirono a liberare anche Licosa.
“Gli scontri navali si svolsero nei tre golfi di Gaeta, Napoli e Salerno. Fu appunto in quest'occasione - spiega ancora Corrado Ramaglia in un suo articolo comparso su Storia in network - che sorse la "Lega Campana" tra le suddette città che si erano costituite in regime di autonomia ed avevano acquisito il monopolio dei traffici sul Tirreno. Questa fu la prima "Lega" opposta da città italiane alla prepotenza straniera”.

La seconda spedizione araba. Obiettivo: la conquista di Roma
Ma nonostante questa battuta d’arrestoi Saraceni non si diedero per vinti e tentarono una nuova spedizione. Vennero approntate due armate con migliaia di uomini e cavalli le quali, dopo essere salpate congiuntamente dai porti dell’Africa e della Sicilia, approdarono l'una a capo Miseno (che venne ridotta ad un cumolo di rovine) e l'altra ad Ostia. Dopo essere approdati alla foce del Tevere, gli arabi s’inoltrarono verso l’interno in direzione dell’Urbe… La basilica di S.Pietro, costruita dall’imperatore Costantino, all’epoca si trovava fuori le mura: venne devastata assieme all’altra basilica di S.Paolo, anch’essa fuori le mura ed entrambe private di tutti i preziosissimi tesori in esse custoditi. Subito dopo, gli assalitori proseguirono verso Roma dove però vennero fermati da centinaia di frecce, dai berrettoni scagliati tramite balestre e dalle pietre lanciate con l’ausilio di macchine e catapulte al riparo delle antiche mura aureliane.
Dopo alterne vicende i Saraceni, sconfitti per terra e assediati per mare dalla flotta della Lega campana capitanata dal console Cesario, dovettero nuovamente recedere dal loro proposito di conquista della Città Eterna.

La terza spedizione contro Roma e la leggendaria Battaglia di Ostia
Ma la tentazione di ritentare la conquista era ancora molto forte e, a questo scopo, tra l’847 e l’848 si lavorò febbrilmente per organizzare una terza spedizione, ancora più potente delle precedenti.
Tuttavia, lo scampato pericolo indusse anche il Papa, Leone IV, a lavorare alacremente per non trovarsi impreparato in caso di nuovo assedio. Grazie a somme di denaro concesse dall’imperatore Lotario, furono rinforzate le mura aureliane, restaurate quindici torri in rovina e costruitene altre due a Porta Portese sulle due rive del Tevere, collegate tra loro da una imponente catena di sbarramento che aveva lo scopo di impedire il transito delle navi nemiche che avessero voluto incunearsi lungo il fiume, fin nel cuore stesso di Roma.
Nella primavera dell'849, una flotta saracena partita dall'Africa era approdata sulle coste della Sardegna, presso capo Teulada, con l'intento di dirigersi quindi verso la capitale della cristianità.
Secondo le parole del Muratori la notizia "recò non poco terrore al popolo romano, se non che Dio per sua misericordia provvide al bisogno, cioè accorsero in aiuto dei Romani colle lor navi i Napoletani, Amalfitani e Gaetani, con animo risoluto di venir alle mani con que' Barbari".
Il console Cesario salpò nuovamente con la flotta della Lega Campana e, in anticipo su tempi, si fermò davanti al lido di Roma, dove sbarcò per poi incontrare il Pontefice Leone IV in Laterano. Dopo l’incontro, il Papa riaccompagnò Cesario ad Ostia e qui benedisse solennemente l’esercito campano con una preghiera che fu poi inserita nella liturgia: "Onnipotente Dio, che con la tua mano facesti camminare l'apostolo Pietro sul mare, così che non affogasse, e che salvasti l'apostolo Paolo nei tre naufragi, sii a noi propizio e ascoltaci: per i meriti dei due stessi apostoli, fortifica il braccio dei campioni cristiani che stanno per difendere una giusta e santa causa, affinché per la vittoria navale sia il tuo nome glorificato in ogni tempo e presso tutte le genti".
Il giorno successivo, le navi saracene comparvero all’orizzonte con la mezzaluna in bella mostra sulle vele. Cesario, con la flotta campana, si parò loro innanzi.
Lo scontro che ne seguì venne descritto dal Panetta in questi termini: "Il cozzo degli speroni, il giuoco delle macchine e la furia dei fuochi dettero inizio alla battaglia, che si venne facendo sempre più furibonda per il coraggio col quale i Rumi combattevano. Presi all'arrembaggio molti legni musulmani, essi erano balzati sulle tolde affrontando con spade, mazze, lance, spiedi e stocchi acuminati i Saraceni, che si difendevano sciabolando con le loro scimitarre o manovrando sottili lance di bambù, aventi alla punta cuspidi triangolari di ferro. Molti uomini, trafitti o massacrati, cadevano in acqua. Il mare si stava colorando di rosso. Non pochi erano i legni musulmani in fiamme, non pochi quelli già colati a picco, mentre gli altri, sotto la scatenata furia dei Rumi, tentavano di virar di bordo o di forzar le vele per mettersi in salvo…”.
La cronaca del tempo racconta che una furibonda tempesta colpì quanto rimaneva della flotta saracena, lasciando invece intatte le navi cristiane. Tralasciando la veridicità di questo evento verificatosi a solo danno degli arabi, il Panetta aggiunse: “…fu così che i legni nemici, scampati alla strage della battaglia furono trascinati dalla violenza di quel libeccio che i marinai romani, gaetani, napoletani e amalfitani ben conoscevano, verso la spiaggia; alcuni con i fianchi squarciati affondarono prima di giungervi; altri, appena stavano per toccare il fondo, vennero ripresi indietro dalle onde e poi nuovamente ributtati in avanti, finendo così sconquassati sul lido, mentre le ciurme scongiuravano di essere salvate. In breve: nello spazio di un giorno, tutta la flotta musulmana fu distrutta e i suoi componenti finirono morti o prigionieri".
Su questo evento non mancarono le polemiche tra gli storici, alcuni dei quali attribuirono alla tempesta piuttosto che alla battaglia la causa della perdita della flotta saracena. Muratori, nei suoi Annali, precisa che, allorché le navi saracene apparvero alla spiaggia, l'armata dei soccorritori "attaccò coraggiosamente battaglia; ma alzatosi un vento furioso, questo combatté per i Cristiani, con dividere le armate e disperdere le navi africane che ruppero in varie isole. Molti di quegli infedeli furono presi e uccisi, molti condotti a Roma schiavi; e con sì buon successo terminò quella scena". Scrive in proposito il Gleijeses : "Noi non riteniamo che sia esagerazione municipalistica, come dice il Cassandro , l'affermazione dello Schipa che questa vittoria di Ostia sia stata la più insigne vittoria navale dei Cristiani sui Musulmani prima di Lepanto. Questa battaglia è un vanto dei napoletani e poiché tutti ci rinfacciano tanti difetti e tanti torti, non vediamo perché, potendo vantare qualcosa, dobbiamo astenercene".
La Chiesa celebrò come suo trionfo quella giornata.
La giornata della battaglia fu immortalata da Raffaello, che fu chiamato a ritrarla in un famoso dipinto nel Vaticano, all’interno del quale l’artista non mancò di far campeggiare di fronte al Papa la figura del console napoletano in compagnia dei suoi valorosi soldati.



RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
· I Saraceni in Italia, di Rinaldo Panetta - Ed. Mursia, 1973
· Annali d'Italia, di Ludovico Antonio Muratori - Anno DCCCXLIX.
· La storia di Napoli, di Vittorio Gleijesis - Società Editrice Napoletana, 1977.
· Napoli dalle origini a Carlo d'Angiò, di Antonio Ghirelli - Ed. Fenice 2000, 1994.
· Storia d'Italia, di Indro Montanelli - Ed. Biblioteca Universale Rizzoli, 1974
· Voce "Campana, Lega", in Enciclopedia Treccani.
. Voce "Campana, Lega" in Grande Dizionario Enciclopedico, UTET,



Edited by BasileusI - 18/1/2008, 14:52
 
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Alelix78
view post Posted on 11/9/2007, 12:40




Complimenti, bel post ricco di fonti.
Ho trovato un immagine e un bel link dei musei vaticani relativi all'opera di raffaello sulla Battaglia.

image

http://mv.vatican.va/2_IT/pages/x-Schede/S..._04_04_031.html

 
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-Revolucionario-
view post Posted on 11/9/2007, 18:12




Assolutamente stupendo questo post, non posso che fare i complimenti a Marco per aver scovato questo fatto storico da me sconosciuto.
 
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view post Posted on 18/4/2021, 13:33
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granatiere granitico

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